18 Dicembre 2016
Anomalia – mostra collettiva di scultura degli allievi di Studio Apeiron
Comunicato stampa “Anomalia” Il 16 Dicembre 2016 alle ore 21.00 presso lo showroom di Studio Apeiron si inaugura la mostra collettiva degli allievi del corso di scultura. Dopo mesi di ricerche, sperimentazioni, gioie e a volte delusioni, ogni artista presenta l’opera che sintetizza in un’unica forma o colore, la sua idea di arte e un tema a lui caro. Difficile trovare un tema comune della mostra. Tante idee e percorsi diversi che si incrociano e si discostano continuamente in un gioco di sottili equilibri che trasformano le ore del corso in un laboratorio artistico ma anche in un confronto sociologico e terapeutico. Apeiron diviene contenitore di sogni, bisogni, idee, sperimentazioni, confronti, scontri e dialoghi per le persone che frequentano questo luogo, cercando di trovare un senso alle proprie visioni facendosi trasportare dal fare. Qual è il filo conduttore della mostra quindi: l’anomalia, ossia una deviazione dalla norma. Facciamo tutti parte dello stesso pianeta, nell’aria ci sono mille energie che si muovono, idee e pensieri che interagiscono, relazioni continue, scambi continui eppure, ognuno di noi ogni tanto devia dalla norma, cambia strada, cerca un suo perché, prova e sperimenta percorsi alternativi, e quando trova la sua direzione da puntino che era, diventa una stella, che brilla e fa da guida ad altri che devono ancora trovare la propria identità. Questi 15 artisti, ognuno a suo modo, hanno deviato dalla norma, e stanno iniziando a trasformarsi in stelle. Vediamo nel dettaglio ogni singola opera: Dario Brivio: “Untitled” legno di pero e ferro, 2016. Opera della serie “Foglio-foglia”, rappresenta una foglia su un ramo, nel momento prima di cadere, la geometria centrale, disegnata dai tondini di ferro rappresenta un albero stilizzato, ben saldo e deciso, ma ormai quasi spoglio. Sul ramo, l’ultima fogliolina che ha preso forma durante la sua vita ed ora è pronta per cadere, e ricominciare un nuovo ciclo. Daniele Martinez: “Giochi di forma”, legno di pino vainut, 2016 Attraverso forme sinuose e dinamiche l’opera indaga i temi di spazio, tempo e movimento, mettendoli in relazione e dialogo fra loro. La brunitura creata con il fuoco è pensata per esaltare le venature del legno e dare maggior forza alle linee naturali della materia, che interagiscono con le forme scultoree e creano un effetto pittorico. Federico Palazzoli: “Polvere sottile di stelle dal 4° piano”, Legno di cedro e strobolo, 2016 L’insegna del Best western luminosissima rifletteva nella nebbia. Il suv incastrato nel vicolo, i mazzi di fiori sulla statale 36, le finestre indifferenti, io e te. Questo segreto era per noi, ed era una benedizione. “Non c’è bisogno di stelle luminose per riconoscere il nord” (Omaggio ad Arnaldo Pomodoro) Guido Donolato: “Cubo Instabile”, Legno di cedro, 2016 Il cubo è una figura geometrica perfetta, richiama l’assoluto, la solidità, la stabilità. In questo caso l’artista ha voluto giocare con queste caratteristiche, rendendo una forma immobile: fluida, sinuosa, morbida, elastica, instabile. Paolo Matteucci: “Donna Tempo” , marmo bianco Carrara, 2016 La distinzione tra passato presente e futuro è solo una eterna, ostinata illusione. (Cit. Albert Einstein) Marco Serra: “Velocità”, Legno di tiglio e ferro, 2016 Una linea sottile e leggera, un di-segno nello spazio, una curva che scandisce lo scorrere del tempo. La velocità raccontata in una parabolica stilizzata, richiamo allo storico autodromo di Monza, dove tanti piloti si sono dati battaglia in cerca di gloria. Yari Pilla “Verde Baleno” Il sole e la luna, non c’è inizio, non c’è fine, il giorno e la notte, due realtà distinte ma che si fondono, non c’è un vero momento di stacco tra questi due momenti, e così nel quadro troviamo la fusione di questi due momenti, nelle forme e nei colori che fanno da sfondo a questa città, sempre frenetica, ma nella sua complessità immobile. Massimo Merati “Genki Kubari – sii generoso con la tua energia”, legno, marmo Carrara, pietre e fuoco, 2016 I giapponesi, con la tecnica antica dello Shou Sugi Ban, carbonizzavano la superficie del legno per proteggerlo; oggi questa tradizione viene rivisitata in chiave moderna: l’energia positiva del fuoco viene simbolicamente intrappolata nell’asse di cedro, per poi fuoriuscire dalle quattro sorgenti, rappresentate metaforicamente dai dischi di marmo, e da qui propagarsi verso l’infinito. Cristina Redaelli: “La nota dolente”, Legno di cirmolo, 2016 La chiave è sempre all’inizio di ogni paragrafo, questa chiave scolpita nel legno segna l’inizio di una nuovo capitolo della vita dell’artista. Francesca Farina “L’abbraccio”, legno di cirmolo, 2016 Due figure, una protegge l’altra, completamente abbandonata nell’abbraccio. Claudia Perego “L’albero e l’inverno”, legno di cirmolo, 2016 Nudi sono più esigenti, richiedono curiosità concentrata, sguardo contemplativo. D’inverno gli alberi spogli riservano i piaceri segreti di una natura mai in letargo, che sa sempre stupire. Giulio Montorfano “Sorgente”, Tralci di vite, 2016 Fonte di vite che sgorga dal muro Apeiron e pervade di fantasia e immaginazione lo spettatore che si pone al centro e osserva le altre opere circostanti, al contempo anche lo spettatore può essere sorgente e far scorrere la propria energia che si arrampica e si eleva in questo luogo. Davide Parravicini “Il giro della vita”, Legno di mogano e cedro, marmo bianco carrara e marmo nero del belgio, 2016 Due elementi tra loro inconciliabili, legno e marmo, rimangono vicini senza soluzione di continuità. La luce e l’ombra, il bene e il male, gli opposti si confrontano e si scontrano in un gioco di equilibri. Riccardo Bertolini “Cactus”, legno di cirmolo, 2016 Il cactus è una pianta dalle forme curiose, sono forme sinuose, tondeggianti e morbide, ma se ti avvicini troppo, ti punge. Beatrice Trentanove “Colei che porta la verità”, acrilico su tela, 2016 A volte è necessario abbandonare le proprie certezze, il conosciuto, tutto ciò che di noi già sappiamo, per incontrare noi stessi. Addentrarsi nel bosco, talvolta con paura o timore riverenziale, è l’unica cosa che si può fare… seppur a passi incerti, a tentoni, e con lo sguardo che rinuncia al contorno netto delle cose, può nascere dentro di noi una forza nuova, sottile ma profonda, che sentiamo sostenerci ad ogni passo. Solo addentrandoci nel buio delle nostre profondità, dove tutto germina silenziosamente mosso da saggezza antica, è possibile incontrare la nostra più autentica e luminosa verità, dinanzi alla quale è possibile dire solo un salvifico e fondante “sì”.